Non mi scandalizza che si continui a parlare di libri digitali e di strumenti per leggerli: le strutture organizzative della scuola cadono a pezzi e l'innovazione secondo i più passa per l'acquisizione di tecnologia. Che poi è sempre un modo per fare solo finta di parlare dei bisogni della scuola.
Ciò che è vergognoso, in assenza di sperimentazioni oggettive su larga scala, è che si continui reiteratamente a spacciare per innovazione didattica l'utilizzo dei media digitali: Lim, tablet, ereader e via dicendo.
Il problema è che si parla in astratto della realtà scuola anche quando si discute di bisogni, fermandosi al più a quei quattro avvenimenti clamorosi sbattuti prontamente in prima pagina perchè fanno notizia, senza sapere nulla di come a scuola s'impara, senza mai entrare nel merito vero delle cose.
Due o tre cose per fare chiarezza.
La didattica è il risultato dell'interazione tra le persone, il modo con il quale si scambiano e si comunicano i contenuti tra docente e la classe, definisce i parametri del singolo e del gruppo secondo cui è possibile apprendere.
La Lim, i tablet, gli ereader sono strumenti, attengono al contenuto e non al modo di comunicarlo e utilizzarlo; a differenza del libro sono interattivi, ma solo se danno accesso a informazioni plurime: cioè se si possono utilizzare secondo logiche che è l'individuo a stabilire. Un e-reader che contiene il solo libro di testo è solo un libro non di carta.
Consentono, ad esempio, che un singolo argomento sia sviscerato secondo più criteri: di tempo, di luogo, trasversali, verticali, paralleli, ma sempre che sia consentito l'accesso a più fonti, come avviene in rete. Un unico libro sia che sia cartaceo o che sia in formato digitale, costituisce sempre un'unica fonte.
Qualsiasi interazione che presupponga l'alunno e lo strumento faccia a faccia, promuove autoapprendimento, autodidattica: l'alunno e/o studente stabilisce priorità dei contenuti e non è detto che ciò produca competenza, potrebbe essere ma non è detto, anzi succede spesso che quel modo d'imparare si fermi ad una conoscenza di superficie, e conoscere non significa "saper fare".
Il saper fare che è la competenza, significa saper rielaborare e/o produrre contenuti propri, saper scrivere, saper eseguire ma anche produrre un problema matematico o di qualsiasi altro argomento tra quelli studiati. Ciò non dipende dallo strumento che si usa ma dal metodo di apprendimento, dalla didattica, che è fatta dalla operatività nel gruppo classe: nessuna lim o tablet è in grado di determinare la tipologia e il grado di operatività dell'individuo che apprende. Essi sono un supporto alla didattica e non la didattica.
L'innovazione didattica si può realizzare anche con gli strumenti tradizionali. Anzi lo si è sempre fatto. Coloro che erano innovatori in passato lo sono diventati poi anche con i media digitali. L'innovazione nasce dagli individui e non dagli strumenti.
Ecco perchè fa sorridere l'ingenuità con il quale si confonde il metodo con gli strumenti e si continua a parlare dei fantomatici "nativi digitali" come se a questa tipologia di alunni/studenti fosse dato di imparare per infusione alla sola vista di una Lim e di un Tablet. Se l'alunno non opera con i contenuti cercando nuove coerenze anche in rapporto alla realtà attuale, non apprende e non sa fare. Si ferma come tutti i lettori, buoni e non, alla conoscenza, cioè il sapere che un determinato argomento esiste.
Gli unici veri motivi per cui una Lim e un Tablet devono stare a scuola è la necessità di conoscerli in quanto strumenti, da saper usare sfruttando proprio quella interattività che per averla dai libri occorrerebbe averne dieci sul banco: economia di carta e di tempo, ma non di metodo, se i libri non fossero così drammaticamente tutti uguali.
Se la scuola non fosse questo mondo che nessuno si prende la briga di indagare seriamente, si dovrebbe già sapere che la didattica si innova attraverso le persone e non attraverso i bit.
E non è un caso che l'ingresso di nuovo personale a scuola è fermo da anni. Non è solo una mera questione di tagli. Illusi se pensiamo che innovazione e blocco delle assunzioni siano temi separati.
4 riflessioni:
Buonissimo! :)
Non posso che condividere.
Su "l'ingresso di nuovo personale a scuola", spontanea mi viene l'osservazione, dettata dall'esperienza:
quando il nuovo personale non si rivela "vecchio" ancor prima di cominciare! E nemmeno con l'umiltà, la voglia,l'entusiasmo per *innovarsi*! :-(
g
ciao, sono capitata per caso sul tuo blog, insegno lettere in un liceo.
Sono d'accordo con quel che dici,consapevole però che la conoscenza dei nuovi strumenti sia necessaria, senza mitizzarla e senza pensare che possa risolvere chissà quali problemi. Però rifletto e penso che mostrano curiosità verso questi strumenti proprio coloro che l'innovazione l'hanno sempre cercata, con risultati altalenanti; coloro che li mitizzano parlano, spesso, per sentito dire.
Un saluto Valeria
Giovanna, la tua osservazione tira in ballo sulla formazione del nuovo personale, non si può non sottolineare la differenza tra ciò che si studia e l'insegnamento. Senza contare che l'impianto teorico della preparazione di un insegnante è poco indirizzato all'innovazione basandosi su contenuti "storici", e troppo poca attualità didattica.
Lo penso anche io Valeria, aggiungerei che la potenza di un mezzo è data proprio da saperlo integrare efficacemente nella didattica, con alla basa forti spinte a percorrere nuove strade. Il mezzo da solo non può operare nessun cambiamento.
grazie
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