A volte è un alunno che lo chiede, altre volte è un genitore che abbozzando timide scuse fa presente che suo figlio non vuol più condividere il banco con il compagno.
E' una di quelle richieste che mettono in difficoltà tanti insegnanti, non solo quelli che della sistemazione nei banchi dei bambini fanno una scelta ragionata, di utilità e di supporto al gruppo stesso in base alle affinità, ai modi di essere o alla turnazione, ma anche a quelli che non danno troppo peso alla sistemazione in aula.
Crea imbarazzo perché a volte quando si sposta un bambino da un banco senza apparente motivo, anche se le parole sembrano dire il contrario, significa che c'è qualcuno che non vuol stare con qualcun altro.
E se si è investito del tempo, spesso anche molto tempo, a parlare di tolleranza, di accettazione è difficile trovare una via di uscita che rispetti tutti.
Può essere uno dei due bambini a chiedere lo spostamento, capita anche su suggerimento dei genitori che invitano a riferire agli insegnanti anziché farsi portavoce del bambino, per trovare una soluzione in classe. Di solito in questi genitori è presente un atteggiamento fiducioso nei confronti dei docenti, i quali riconoscono agli insegnanti la capacità di controllo della situazione e in grado di dare la migliore risposta al bambino: spostarlo se si comprende che il suo disagio è forte e reale o invitarlo a riflettere sulla possibilità di provare comunque a mantenere il posto nel banco invitando entrambi gli alunni essere più dialettici e disponibili tra loro.
Altre volte ancora, sono i genitori in prima persona a chiedere lo spostamento del figlio perché il compagno lo disturba, gli impedisce di concentrarsi, lo provoca, gli fa dispetti. Un altro dei motivi indicati è il fatto di stare in seconda, terza fila e quindi il non riuscire a vedere bene la lavagna.
Situazioni diverse, diverse risposte e soluzioni
Certamente quando tra due alunni si crea
incompatibilità i primi ad accorgersi sono gli insegnanti non
fosse altro perché i due che battibeccano continuamente disturbano e si
distraggono parecchio, compromettendo sia il lavoro singolo sia quello
di gruppo. A quel punto non è necessario che nessuno, né bambini né
genitori chiedano nulla, perché lo spostamento di entrambi è il primo
passo per cercare una soluzione al problema: è sempre inutile
costringere i bambini a convivenze forzate.
Quando la sistemazione nei banchi è un fatto ragionato, come accade nella maggior parte delle classi, anche in virtù del fatto "che tutti devono provare a star bene con tutti", va da sé che gli spostamenti avvengono in modo pressochè regolare. In questo caso le richieste di spostamento sono dovute alle simpatie ed è pertanto utile ricordare che i compagni di banco non devono per forza formare grandi amicizie, ma sforzarsi di andare cordialmente d'accordo. Per quanto possa apparire difficile da capire, questo concetto se protratto nel tempo diventa presto, diciamo nel giro di un anno, patrimonio della maggioranza della classe. Chiedere lo spostamento da un compagno che è stato attribuito di recente potrebbe risultare un atto offensivo per l'altro.
A volte la richiesta di spostamento di un solo bambino tra due che stanno vicini, è il segno che qualcosa non piace, non tanto del compagno, quanto della classe in generale e perfino del nostro atteggiamento, qualcosa che non lo fa sentire a suo agio. La difficoltà a legare con il compagno è un modo per dire che vuole essere ascoltato. Le rassicurazioni e l'invito a dire cosa provoca il disagio o quali sono le paure, quasi sempre sono sufficienti a ripristinare la fiducia sia nei compagni sia negli insegnanti, insieme alla promessa di intervento e sostegno immediato nelle difficoltà.
E' quando queste richieste sono supportate dai genitori che perorano le cause dei figli, che si creano le situazioni più difficili da gestire. Non nel senso dello spostamento che quello si fa presto a farlo e se l'insegnante è abile riesce a gestire la situazione senza lasciare ombre, ma per la conseguenza sul piano educativo: l'eccessiva intrusione di campo, l'ansia del controllo genitoriale sui fatti che accadono a scuola è un limite all'apprendimento del bambino che deve con il tempo imparare a gestire i suoi rapporti in autonomia, proprio per giungere alla maturazione emotiva, necessaria non solo nei primi anni della Primaria, ma ancora di più negli anni a venire, maturazione che riguarda anche il rapporto con gli adulti.
Il primo passo in situazioni del genere, da parte dei genitori, è semmai, non chiedere lo spostamento del bambino, ma parlare di tale richiesta e cercare di comprendere con gli insegnanti la sua origine.
Agli insegnanti il compito di sorvegliare e comprendere le cause e cercare le soluzioni opportune, nella maggior parte dei casi non si tratta di uno spostamento di banco.
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