di Maestra Rosalba

sabato 4 agosto 2012

Alla ricerca delle generazioni perdute

In questi giorni, nonostante siamo tutti alle prese con gli arbitraggi dell'Olimpiade di Londra, non è passata inosservata l'affermazione di Monti (clic) che, riferendosi alla generazione dai trenta ai quarant'anni, l'ha definita, con l'immancabile spinta del linguaggio giornalistico, quello che fa presa sul grande pubblico, "generazione perduta":  in buona sostanza coloro che sono restati fuori dal mercato del lavoro.
Se non sbaglio a fare i calcoli si sta parlando dei nati intorno agli anni ottanta suppergiù. 
Io che di anni ne ho parecchi di più e che quelle generazioni le ho conosciute bambine,  io che vivo nella profonda provincia del sud dove lavoro in realtà non ce n'è mai stato, se mi volto a guardare di generazioni perdute ne vedo assai di più e per tanti ordini di motivi.
A partire dalla generazione poco precedente alla mia, diciamo due o tre anni in più:  figli di operai, di impiegati, figli di commercianti, di politici, di professionisti e figli di disoccupati. Liceali, ragionieri o scolasticamente morti prematuramente, sono poi morti nella realtà vera, prima di droga e poi di AIDS, mentre nascevano quegli altri di cui parla Monti nell'intervista. Chi non è morto è emigrato. Tutta una generazione è scomparsa dalla vita pubblica e di conseguenza in quella politica. La droga e l'AIDS per almeno un ventennio sono stati la prima causa di morte da queste parti.
La generazione ancora precedente alla loro era emigrata in massa durante il boom economico, perchè era scoppiato da altre parti ma non di certo qui.
Poi c'è stata la mia generazione, in gran parte si è occupata nel pubblico impiego, chi non ce l'ha fatta è rimasto a terra e chi è entrato in fabbrica è restato a terra lo stesso, perchè le fabbriche quelle poche che c'erano non ci sono più. 
E via dicendo fino alle generazioni più vicine per i quali si può tranquillamente fare un unico discorso: sono quasi tutti emigrati, rimangono gli artigiani, come i parrucchieri, gli impiegati nella piccola e media impresa, nell'edilizia, nel commercio, l'allevamento e l'agricoltura. Nel pubblico impiego è ormai impossibile entrare. Il resto scappa a gambe levate.
E chi come me ha la fortuna e l'onere di stare a contatto con le nuove generazioni, e ha visto passare le precedenti, sa bene che di perduto c'è parecchio di più. Sa anche che perduto non è neppure il termine giusto, anche perché i perduti sono quelli  morti. Stiamo parlando di quelli che restano indietro, che tirano a campare, che non possono comprare casa e se a volte in molti di loro hanno una parte di responsabilità personale, perchè le colpe sono sempre almeno metà e metà, dall'altra parliamo di una grandissima parte del territorio Italiano che non offre nulla. Di interi territori perduti, quelli sì, nel degrado, nella trascuratezza, nell'incuria.
Allora ad essere obbiettivi dovremo parlare di inventiva, di creatività, di sviluppo perduti. Ora la domanda è: chi se ne doveva occupare?

L'immagine viene da qui


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