Prima era handicap, poi si disse diversità, poi diversa abilità ora ci dirigiamo a passo spedito verso i BES. Per il momento si esclude la categoria della gravità e si ricomprende un'ampia fascia di alunni: dagli stranieri, a quelli disagiati socio-economicamente (anche momentanei) passando per i DSA, per i deficit di attenzione, l'iperattività e il funzionamento cognitivo limite.
Tutte queste differenti problematiche, ricomprese nei disturbi evolutivi specifici, non vengono o possono non venir certificate ai sensi della legge 104/92, non dando conseguentemente diritto alle provvidenze ed alle misure previste dalla stessa legge quadro, e tra queste, all’insegnante per il sostegno. La legge 170/2010, a tal punto, rappresenta un punto di svolta poiché apre un diverso canale di cura educativa, concretizzando i principi di personalizzazione dei percorsi di studio enunciati nella legge 53/2003, nella prospettiva della “presa in carico” dell’alunno con BES da parte di ciascun docente curricolare e di tutto il team di docenti coinvolto, non solo dall’insegnante per il sostegno.
Per tutti, al paragrafo 1.5 della Direttiva Ministeriale contenente Strumenti d'intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l'inclusione scolastica, si legge:
Dalle considerazioni sopra esposte si evidenzia, in particolare, la necessità di elaborare un percorso individualizzato e personalizzato per alunni e studenti con bisogni educativi speciali, anche attraverso la redazione di un Piano Didattico Personalizzato, individuale o anche riferito a tutti i bambini della classe con BES, ma articolato, che serva come strumento di lavoro in itinere per gli insegnanti ed abbia la funzione di documentare alle famiglie le strategie di intervento programmate. Le scuole – con determinazioni assunte dai Consigli di classe, risultanti dall’esame della documentazione clinica presentata dalle famiglie e sulla base di considerazioni di carattere psicopedagogico e didattico – possono avvalersi per tutti gli alunni con bisogni educativi speciali degli strumenti compensativi e delle misure dispensative previste dalle disposizioni attuative della Legge 170/2010 (DM 5669/2011), meglio descritte nelle allegate Linee guida.
Non si tratta di fare le pulci a quanto scrive il Ministro, il cui ideale di ricomprendere tutte le diversità è certamente condivisibile, ma di notare, fatto ineludibile per chi la realtà scolastica la frequenta tutti i giorni, come i bisogni di una didattica inclusiva non possano esaurisi nella stesura di un Piano didattico personalizzato, men che meno di gruppo, e tanto meno nell'applicazione della legge 170/2010.
Non mi dilungo oltre a scrivere ciò che per cinque anni ho già scritto in questo blog, anche a proposito dell'idea già timidamente avanzata in passato "tutti diversi, tutti uguali" e che porterà alla fine del sostegno, di cui i BES sono un viatico neppure tanto velato, ma occorre ribadire che l'inclusione, di qualsiasi tipo si tratti, non si realizza a colpi di belle parole o con il cambiamento del Glh in Gli, l'inclusione si realizza con strumenti concreti e nella scuola gli strumenti sono rappresentati dalle risorse, dalle persone, non dai piani o dagli strumenti dispensativi e/o compensativi, che semmai sono un modo.
Anche perché i primi, se non seguiti da azioni concrete, rischiano di rimanere sulla carta e i secondi significano solo una mera riduzione degli apprendimenti se non sono anche il risultato di un insegnamento personalizzato. A un piano personalizzato, non può che corrispondere, un dettaglio che ancora sfugge, un insegnamento personalizzato, esso sì reale strumento d'inclusione.
Può spiegare qualcuno come un solo insegnante possa, sia che si trovi di fronte a 18, 23 o 26 alunni perseguire la personalizzazione?
C'è una sola risposta: con l'utilizzo delle schede come metodo didattico e la drastica riduzione dei contenuti.
Senza contare che, ad esempio, per gli alunni della citata direttiva, con funzionamento cognitivo limite, i più difficili da individuare e i più difficili da gestire didatticamente, ma anche i maggiormente passibili di miglioramento, perché spesso il loro svantaggio si traduce in una forte carenza delle autonomie, ma presentano, come ribadisce anche la direttiva, altre capacità nella norma, sono quelli che necessitano dell'attivazione di "prassi", che stante le attuali condizioni organizzative non sarà mai possibile garantire e per cui la sola stesura di un piano "commisurato" diventa una colpevole sottrazione di apprendimenti.
E' evidente, altresì, che tutto ciò non lo possiamo annoverare tra le novità, in quanto già da qualche anno prevedere gli obiettivi minimi ha significato comprendere categorie di alunni per cui ad un certo punto del percorso scolastico non era più possibile seguire una normale programmazione educativa, ma finora erano casi limite: finché è esistita la compresenza era per tramite di essa che si provvedeva a personalizzare l'insegnamento.
Ora scriveremo un bel piano inclusivo, personalizzato con obiettivi alla portata dei BES (che brutta sigla) ma non ci sarà nessuno per renderli un diritto.
Il fatto è che non ci rende uguali una definizione, non ci rende uguali un diritto ma ci rende uguali la soddisfazione di un bisogno diverso. E finché le risorse, cioè i tagli delle ore e del personale non cesserà, e anzi la compresenza verrà restituita ai legittimi proprietari, i bambini, non sarà un piano a rispondere ai loro bisogni.
2 riflessioni:
Cara Rosalba, sottoscrivo in pieno l'articolo.
Cara Rosalba sono pienamente d'accordo con te. Il funzionamento della scuola italiana è basato, SOLO,sulla buona volontà e l'impegno degli insegnanti. Peccato che gli insegnanti non siano ancora capaci di fare i miracoli, risolverebbero un sacco di problemi al ministro,presente e futuro.
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