Accoglienza è una bella parola, si capisce subito che è molto più significativa di ospitalità, non a caso è la parola che caratterizza il rientro a scuola degli alunni, sia di nuovo ingresso sia di rientro da un anno precedente. Accogliere significa portare in sé, portare dentro e rendere partecipi di qualcosa. Non è un caso che a predisporre l'accoglienza dal punto di vista fisico, striscioni, cartelli di benvenuto, attività per il primo giorno, siano proprio gli insegnanti, e più sono piccoli gli alunni più essa arricchita dai colori, ovviamente man mano che si va avanti con i gradi di scuola essa assume connotati meno giocosi.
E' sull'accoglienza dal punto di vista umano e interiore che mi voglio soffermare, senza riferimenti ad alcuna specificità, non vi può essere vera accoglienza se non vi è la necessaria disposizione d'animo, se abbiamo paura, se siamo incerti, se siamo insicuri, se cerchiamo di essere coinvolti il meno possibile. E tutto questo è chiarissimo per chi viene accolto: bambini in primis e genitori, seppur spettatori. Il che non significa lasciarsi andare a atteggiamenti melensi, che anzo sono assolutamente da evitare, vuol dire avere piena consapevolezza del proprio ruolo. Il vero protagonista dell'accoglienza non è il bambino, come erroneamente crediamo, pensando che sia sufficiente un po' di colore nelle nostre aule per dire che siamo disposti a occuparci di lui, nel bene e nel male, sia che sia capace sia che non lo sia, il vero protagonista, dicevo, è l'insegnante, è lui che viene valutato sia dagli alunni, sia dalle famiglie se sono presenti. Si tratta, pertanto di un momento delicatissimo quello del primo incontro con i nuovi alunni o quello del ritrovarsi, perché è in quell'istante che si poggiano le prime basi del rapporto.
Cosa chiedere, allora, a se stessi, e agli altri? Correttezza, determinazione nel sapere e nel perseguire gli obiettivi, flessibilità, pacatezza, riflessività e la capacità di essere resilienti, di sapere, cioè, trasformare sempre una momento di crisi in uno di crescita, di trovare l'aspetto positivo anche nelle situazioni più fragili. Serve anche riconoscere in sé prima che negli altri la capacità di sbagliare e concepire l'errore come la possibiltà di scoprire cosa è giusto.
L'insegnante che lascerà queste tracce il primo incontro avrà già costruito una solida base di dialogo prima di tutto con i propri alunni, perché principalmente a essi dobbiamo piacere. Quando i bambini sono soddisfatti lo sono anche le famiglie. E essere soddisfatti non significa che tutto andrà bene, anzi, ma fare in modo che anche nel dirsi le cose spiacevoli non vi siano mai fratture o muri, ma che siano sempre l'occasione per capire, prevenire e costruire.
L'accoglienza non è esclusivamente la festa dei bambini che arrivano chiassosi il primo giorno di scuola e noi che li accogliamo con una bandierina in mano, essa è il nostro biglietto da visita, se si preferisce la carta d'identità. Siamo noi sul palco in quel momento, più di quanto non lo siano i bambini, pensiamo quindi a loro che ci osservano, ci valutano, ci soppesano, si fanno delle aspettative, pensiamo all'esame che noi docenti sosteniamo durante il primo incontro, ricordando che raccontiamo di noi, mentre parliamo, con le parole che usiamo, ma ancora di più con il tono di voce, l'espressione del volto, anche senza volerlo, ciò che siamo veramente.
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